Epidemiologia e Cause del Tumore della Prostata
La neoplasia prostatica è attualmente la seconda neoplasia solida più frequente nell’uomo e rappresenta circa il 15% di tutte le neoplasie diagnosticate. Il fattore primario di rischio è l’età. Il tumore della prostata è raro negli uomini al di sotto dei 40 anni, ma diventa più comune con l’avanzare dell’età (l’età media al momento della diagnosi è di 65 anni). Altri fattori rivestono un ruolo importante nell’insorgenza di questa patologia come la familiarità, la dieta occidentale, la razza e lo stile di vita, in particolare obesità e diabete.
La Diagnosi del Tumore della Prostata: il PSA, il PHI, la Risonanza Magnetica Prostatica Multiparametrica e le Biopsie Prostatiche di Fusione (Fusion)
La diagnosi di neoplasia prostatica è più frequentemente incidentale, essendo tale patologia asintomatica nella maggior parte dei casi. Per tale motivo è consigliabile sottoporsi dopo i 40 anni ad una esplorazione rettale (procedura minimamente invasiva che consente di valutare le dimensioni, la forma e la consistenza della prostata) e ad un esame ematochimico volto a valutare il PSA, l’Antigene Prostatico Specifico. Dopo i 50 anni di età, livelli di PSA sotto 2 ng/mL (nanogrammi per millilitro) sono generalmente considerati normali, mentre livelli sopra i 2 ng/mL meritano attenzione. Prima dei 50 anni di eta’ pero’ il livello soglia del PSA è 1 ng/ml. Tuttavia i livelli ematici di PSA possono variare per molteplici ragioni diverse dal tumore (principalmente ipertrofia prostatica benigna e prostatiti). Per tale ragione, di fronte ad un valore di PSA elevato è necessario sottoporsi ad esami diagnostici più approfonditi.
La risonanza magnetica prostatica multiparametrica
La risonanza magnetica della prostata rappresenta una particolare tipologia di esame RM, che prevede l’acquisizione di multiple immagini della prostata, ciascuna delle quali fornisce differenti informazioni anatomiche, strutturali e funzionali. Oltre alla valutazione morfologica della ghiandola prostatica e delle strutture circostanti (sequenze T2), devono essere acquisiti altri due parametri: la Diffusione (mappa della densità delle cellule prostatiche, che aumenta in caso di neoplasia) e la Perfusione (studio con mdc che definisce una mappa della vascolarizzazione della prostata, che aumenta in caso di neoplasie). Per lo studio multiparametrico della prostata con RM è necessario uno specifico equipaggiamento, con apparecchiatura RM di ultima generazione, operante ad elevata intensità di campo magnetico (almeno 1,5 Tesla), e con una specifica dotazione hardware e software. Data la complessità dell’esame, sono state codificate delle linee guida internazionali, definite PI-RADS, per l’esecuzione e la refertazione dell’esame mpMRI della prostata, che permettono una valutazione oggettiva delle lesioni prostatiche, assegnando loro un punteggio compreso tra 1 e 5, che rappresenta un indice di probabilità che la lesione costituisca una neoplasia prostatica aggressiva; maggiore è il punteggio PIRADS, maggiore è la probabilità che il nodulo sospetto sia un tumore maligno. La mpMRI è oggi considerata la metodica di Diagnostica per Immagini più efficace nello studio della prostata, in grado di ottenere ottimi risultati nell’individuazione delle neoplasie prostatiche significative, cioè delle forme neoplastiche aggressive. A questo proposito, la letteratura internazionale riporta un’accuratezza della mpMRI compresa tra l’84% e il 90%; il dato più significativo della RM prostatica è l’elevato valore predittivo negativo (94%), il che significa che se l’esame è negativo vi è un’elevata probabilità di non avere una neoplasia prostatica aggressiva. Questi risultati sono confermati da diversi dati scientifici prodotti all’Ospedale San Raffaele.
Biopsie prostatiche mirate con tecnica di fusione
La tecnica bioptica standard prevede l’esecuzione di biopsie prostatiche sotto guida ecografica, mediante prelievi sistematici sui diversi settori della ghiandola, senza però la possibilità di poter mirare l’area da campionare con l’imaging. Ciò è dovuto principalmente alla bassa accuratezza dell’ecografia dell’individuare le lesioni neoplastiche. I limiti della tecnica bioptica standard sono pertanto rappresentati dalla possibilità di mancato campionamento o di campionamento solo parziale delle lesioni, e dalla possibilità di campionamento di lesioni non significative. Una soluzione a questi problemi è data dalla tecnica biopsia di “fusione”, in grado di utilizzare le immagini RM per mirare l’esecuzione dei prelievi delle biopsie ecoguidate, combinando la precisione della mpMRI nell’identificare le lesioni neoplastiche, con la semplicità e l’ottimale rapporto costo-beneficio della biopsia ecoguidata. Per l’esecuzione della “fusion biopsy” vengono utilizzati sistemi in grado di fondere e co-registrare le immagini della mpMRI, acquisite in precedenza, con le immagini ecografiche ottenute in tempo reale.
Il Trattamento del Tumore della Prostata nei Centri di Eccellenza: la Prostatectomia Radicale Robotica, la Radioterapia, la Sorveglianza Attiva e le Terapie Focali
Una volta diagnosticata una neoplasia della prostata i trattamenti disponibili attualmente sono molteplici: la sorveglianza attiva, la terapia focale, la chirurgia robotica, la radioterapia, la chemioterapia, la criochirurgia, la terapia ormonale, o una combinazione di queste.
Il robot per il tumore della prostata
Attualmente il trattamento più frequentemente utilizzato è l’intervento chirurgico robotico che consiste nell’asportazione completa della ghiandola prostatica, delle vescicole seminali e, laddove vi sia indicazione, dei linfonodi loco-regionali. A differenza dell’intervento a cielo aperto, consente infatti di operare con un ingrandimento visivo fino a circa 20 volte e con una visione a 3 dimensioni. Questo permette al chirurgo di apprezzare la profondità di campo, cosa non possibile ad esempio con la tecnica laparoscopica classica. La visione intraoperatoria robotica permette di riconoscere anche i più piccoli dettagli anatomici e di eseguire l’intervento con una accuratezza significativamente superiore a quanto sia possibile ottenere con la chirurgia classica a cielo aperto o con la chirurgia laparoscopica. Grazie a questi vantaggi è possibile ottenere outcomes oncologici paragonabili all’intervento a cielo aperto garantendo tuttavia una migliore e più rapida ripresa funzionale. Inoltre i tempi di degenza, recupero e le perdite ematiche sono significativamente inferiori. L’intervento, nella maggioranza dei casi, è curativo in presenza di malattia localizzata e le sequele come l’incontinenza urinaria e la disfunzione erettile sono oggi molto rare. L’eiaculazione viene perduta in ogni caso. Tuttavia, grazie alla tecnica nerve-sparing che preserva i nervi deputati all’erezione, la maggior parte dei pazienti sottoposta a tale intervento recupera rapidamente sia la continenza urinaria sia la propria funzione erettile.
La terapia focale per la neoplasia prostatica: la brachiterapia, la crioterapia, HIFU ed altri trattamenti
La terapia focale è un’alternativa terapeutica emergente per quei pazienti che, dopo una accurata selezione e una altrettanto accurata informazione, presentano le caratteristiche cliniche richieste per questo trattamento. Si tratta di una via di mezzo tra la sorveglianza attiva e il trattamento completo della prostata. Il suo scopo è quello di trattare in modo selettivo la lesione neoplastica primaria, preservando i tessuti sani e soprattutto le strutture funzionalmente critiche come lo sfintere uretrale e i fasci neurovascolari, riducendo così la morbidità correlata alla procedura stessa, rappresentata principalmente dall’incontinenza urinaria e dal deficit erettile. Il trattamento può essere indirizzato esclusivamente sulla lesione neoplastica individuata (trattamento focale vero e proprio), oppure, più frequentemente, sulla zona prostatica contenente la lesione, o all’intero lobo prostatico (emiablazione). Le fonti di energia utilizzabili a questo scopo sono varie:
• crioterapia
• brachiterapia
• ultrasuoni focalizzati (HIFU)
• terapia fotodinamica
• laser
• radiofrequenza
Le prime tre sono le metodiche più frequentemente impiegate e per le quali sono disponibili maggiori dati clinici. La problematica della multifocalità del tumore della prostata viene affrontata trattando solo la lesione principale (index) che secondo molti studi è l’unica clinicamente significativa e predittiva di progressione clinica. Il follow-up di questi pazienti prevede, infatti, non solo il controllo dell’area trattata, ma anche del resto della ghiandola mediante periodici dosaggi del PSA, la ripetizione della RMN multiparametrica e, se indicata dagli accertamenti precedenti, l’esecuzione della biopsia.
Va sottolineato, tuttavia, che secondo le più recenti linee guida europee sul tumore della prostata, la terapia focale rappresenta ad oggi un approccio sperimentale. Pertanto, tale opzione va considerata all’interno di studi prospettici di ricerca.
La radioterapia per la cura del tumore della prostata
La radioterapia è un particolare tipo di terapia fisica che utilizza le radiazioni ionizzanti, generalmente i raggi X, nella cura dei tumori. Tali radiazioni agiscono colpendo e distruggendo le cellule tumorali, cercando allo stesso tempo di risparmiare i tessuti sani circostanti. terapeutica nei pazienti con tumore della prostata e ha un ruolo nelle seguenti situazioni:
• Trattamento del tumore primitivo
• Radioterapia adiuvante in pazienti con tumore
localmente avanzato
• Radioterapia di salvataggio per recidiva biochimica
• Radioterapia palliativa in pazienti metastatici
A seconda dei casi e delle caratteristiche dei pazienti le tecnologie più moderni nei centri di eccellenza:
• TOMOTHERAPY di ultima generazione in grado di realizzare un’irradiazione ad intensità modulata a guida di immagine (IMRT-IGRT)
• Radioterapia ad intensità modulata volumetrica a guida di immagine RAPID ARC (IGRT)
• CYBERKNIFE
• Brachiterapia a bassa dose mediante l’inserimento di semi radioattivi per il trattamento del carcinoma
prostatico localizzato
Follow-Up: La Diagnosi Precoce e il Trattamento delle Recidive
Dopo il trattamento è necessario comunque effettuare controlli periodici del PSA al fine di identificare eventuali riprese di malattia. In caso di rialzo del PSA post-trattamento esistono diversi tipi di approccio terapeutico, come una radioterapia locale, un trattamento ormonale o una combinazione tra essi.
La PET per il tumore della prostata: colina o PSMA
Il radiofarmaco PET più utilizzato per lo studio della patologia prostatica è rappresentato dalla Colina, come dimostrato dai numerosi studi scientifici pubblicati negli ultimi anni. La PET con Colina può essere utile in fase di stadiazione di malattia, in seguito quindi alla diagnosi della patologia neoplastica, per pianificare al meglio la strategia terapeutica successiva. Tuttavia, il campo di applicazione principale di questa metodica è rappresentato dalla valutazione del paziente che è già stato trattato per tumore prostatico, in cui vi sia un sospetto di ripresa di malattia, indicato da un aumento progressivo del PSA. L’utilizzo della PET/TC con Colina in questa fase (ristadiazione di malattia) presenta il grande vantaggio, rispetto alle altre metodiche diagnostiche convenzionali, di esaminare, in un’unica sessione d’esame, tutti i distretti corporei nei quali, comunemente, si verifica una recidiva di malattia (tipicamente a livello pelvico locale, linfonodale e osseo) e di identificare tale recidiva con elevata accuratezza diagnostica.
Inoltre, la PET non solo permette di identificare la ripresa di malattia, ma anche di localizzare anatomicamente la sede di tale ripresa, fornendo quindi la possibilità di intervenire con trattamenti mirati e personalizzati sulle singole lesioni del singolo paziente. E’ ad oggi inoltre disponibile la metodica PET/TC con PSMA, che sta fornendo risultati molto promettenti per lo studio del paziente con tumore della prostata.
La sopravvivenza nel tumore della prostata
Il tumore della prostata è una malattia caratterizzata da una prognosi che varia a seconda delle
caratteristiche del paziente e della malattia stessa. Mentre un atteggiamento conservativo può essere
considerato nei pazienti a basso rischio di recidiva, altri beneficiano di un approccio chirurgico e di terapie aggiuntive quali la radioterapia e la terapia ormonale. Il Prof. Montorsi si occupa da tempo dello
sviluppo di modelli predittivi per la stratificazione dei pazienti con tumore della prostata. Questi strumenti, basati sulle caratteristiche del paziente e della malattia stessa, consentono al medico di predire la storia naturale della malattia e di identificare i soggetti che possono beneficiare maggiormente di determinati approcci terapeutici. I modelli predittivi sviluppati possono aiutare il medico nelle diverse fasi della storia naturale della malattia:
• Prima dell’intervento chirurgico
• Immediatamente dopo l’intervento chirurgico
• Nel caso di rialzo dei valori di PSA
dopo l’intervento chirurgico
Modelli preoperatori: nomogrammi e modelli predittivi
Il percorso terapeutico dopo la diagnosi di un tumore della prostata è guidato da informazioni come l’età del paziente ed eventuali comorbidità e dalle caratteristiche della malattia. Questi dati vengono usati per pianificare la strategia chirurgica. Un esempio è la selezione dei candidati per la linfadenectomia pelvica. I linfonodi rappresentano la prima sede di coinvolgimento a distanza nel tumore della prostata e sono coinvolti in circa il 10% dei casi. La linfadenectomia è la metodica ottimale per individuare la presenza di metastasi linfonodali. La scelta di togliere o meno i linfonodi è determinata dal rischio d’invasione linfonodale, calcolato mediante modelli basati sulle informazioni preoperatorie. L’accurata identificazione dei pazienti da sottoporre a tale procedura consente di ridurre il rischio di complicanze in coloro per i quali non è necessaria, senza tuttavia aumentare il rischio di non individuare i soggetti con metastasi nei linfonodi. Il Prof Montorsi e i suoi collaboratori ha sviluppato e aggiornato negli anni il nomogramma più utilizzato in Urologia per l’identificazione dei pazienti che devono essere sottoposti alla rimozione dei linfonodi. Questo strumento, pubblicato inizialmente nel 2007 e chiamato nomogramma di Briganti, mostra elevate caratteristiche predittive nell’identificare i malati a rischio d’invasione linfonodale; inoltre, consente di risparmiare tale procedura e, quindi, di non esporre i pazienti a un maggior rischio di complicanze in oltre il 70% dei casi.
Modelli postoperatori nei pazienti con recidiva dopo l’intervento chirurgico: i rischi di metastasi e le probabilità di sopravvivenza
Circa il 30% dei pazienti trattati con prostatectomia radicale è a rischio di sviluppare recidiva, anche ad
anni di distanza dall’intervento chirurgico. Il controllo periodico del PSA consente di identificare in maniera precoce i soggetti che sviluppano una recidiva biochimica (rialzo dei valori di PSA), pur in assenza di sintomi. Mentre alcuni pazienti possono avere una recidiva “indolente”, che pertanto non li espone al rischio di sviluppare metastasi, altri beneficiano di terapie aggiuntive per migliorare i risultati oncologici e prevenire la progressione.