L’importanza di un corretto approccio nutrizionale, nell’ottica del medico e in quella del malato, si sta affermando con sempre più vigore e necessità operativa. È necessario un intervento razionale che tenga conto delle condizioni del paziente, del tipo di malattia, delle necessità contingenti, delle modalità di cura adeguate: dunque un approccio personalizzato sul versante dei pazienti, multidisciplinare sul versante dei medici coinvolti. In questa dialettica si pone l’attività del nutrizionista. Nell’ambito urologico, le patologie più diffuse in cui può efficacemente inserirsi la dieta nutrizionale sono:
1) Obesità
L’obesità è una patologia associata a molteplici complicanze. Tra queste le più note sono le malattie metaboliche come il diabete e la dislipidemia (alti livelli di colesterolo e trigliceridi), malattie cardiovascolari, malattie respiratorie (quali le apnee notturne), problemi a carico delle articolazioni, disturbi ginecologici (sindrome dell’ovaio policistico), disturbi urologici (incontinenza da stress) e andrologici (impotenza e infertilità), predisposizione allo sviluppo di malattie dell’apparato digerente (ad esempio reflusso gastroesofageo, calcoli della colecisti). L’obesità si associa positivamente con il rischio di sviluppare alcuni tipi di tumori come il tumore endometriale, colonrettale, della mammella e, in ambito urologico, il tumore della prostata. Anche l’aspettativa di vita nella popolazione severamente obesa è ridotta di circa 7-10 anni, con un rischio di morte che cresce all’aumentare dell’indice di massa corporea e della circonferenza addominale. Nonostante il miglioramento dei metodi anestesiologici e delle tecniche chirurgiche, l’obesità è ancora un fattore di rischio in caso di intervento chirurgico. Oltre alle complicanze operative, l’obesità può compromettere i risultati della chirurgia e la ripresa delle attività postintervento chirurgico, per cui di solito la degenza
ospedaliera si rivela più lunga rispetto a quella dei pazienti normopeso. Sottoporsi a una dieta equilibrata per dimagrire e raggiungere un peso corporeo corretto prima di affrontare un intervento chirurgico è dunque il modo più efficace per evitare complicanze intra e post operatorie e ridurre i tempi di convalescenza.
2) Calcolosi renale
Classicamente, in urologia la dieta è associata alla malattia litiasica urinaria o calcolosi renale, una delle condizioni patologiche che più frequentemente affligge l’apparato urinario. Nei paesi ad elevato tenore socio-economico, Italia compresa, la prevalenza della nefrolitiasi è del 5-10%, con un picco di frequenza intorno ai 55-60 anni e il genere più colpito è quello maschile. La nefrolitiasi è una malattia che presenta una spiccata tendenza a recidivare (il 40-50% dei pazienti presenta una recidiva a 5 anni e più del 50-60% a 10 anni) e la cui insorgenza è dovuta a molteplici fattori sia genetici che dietetici. Questi fattori si manifestano attraverso squilibri nella composizione dell’urina, come l’aumentata escrezione di calcio (ipercalciuria), di acido urico (iperuricuria) o di ossalato (iperossaluria) e la ridotta escrezione di citrato (ipocitraturia). La conoscenza della composizione del calcolo e di determinati parametri urinari è fondamentale per l’impostazione terapeutica, sia farmacologica che dietetica. Un’alimentazione corretta è la ‘prima cura’ per la prevenzione dei calcoli renali, in quanto la composizione delle urine è direttamente correlata alla dieta: questa deve avere come obiettivo la riduzione al minimo della precipitazione dei sali urinari in causa e/o l’aumento delle sostanze che ne prevengono la precipitazione. La terapia dietetica deve essere quindi specifica per il tipo di calcolo anche se valgono delle indicazioni generali (come quella di bere 2-3 litri di acqua al giorno da distribuire uniformemente nelle 24 ore) e di mantenere, o di raggiungere se necessario, un peso corporeo corretto attraverso un approccio alimentare bilanciato a basso contenuto di sale, di proteine animali e zuccheri semplici, ad elevato consumo di frutta e verdura e cereali e che preveda un normale contenuto di calcio derivante da un consumo equilibrato di prodotti lattiero-caseari. Anche la scelta dell’acqua da consumare dovrebbe essere personalizzata, considerando l’apporto complessivo di micronutrienti quali calcio, sodio, potassio, cloro, magnesio. Vanno invece evitate tutte le bevande gassate zuccherate, il tè concentrato (ricco di ossalati) e gli alcolici (aumentano i livelli di escrezione dell’acido ossalico e dell’acido urico).
3) Malattia renale cronica
Nella cura del paziente con malattia renale cronica, la corretta terapia nutrizionale ha lo scopo non solo di preservare la funzionalità renale e ritardare lo stadio finale della malattia renale, laddove la dialisi e il trapianto costituiscono i trattamenti di prima scelta, ma anche di prevenire e trattare molte delle complicanze che si accompagnano all’insufficienza renale cronica, in primis il danno cardiovascolare. Quindi, la relazione tra malattie cardiache e malattie renali croniche è biunivoca: l’insufficienza renale provoca morbilità cardiaca e l’insufficienza cardiaca provoca disfunzione renale. Nelle prime fasi della malattia renale cronica un apporto controllato di sodio e fosforo permette di favorire il controllo idro-salino e prevenire l’iperparatiroidismo secondario con un conseguente effetto positivo sul controllo pressorio e sull’efficacia dei farmaci inibitori del sistema-renina-angiotensina-aldosterone utilizzati per rallentare l’evoluzione delle nefropatie croniche. L’apporto proteico invece non richiede una particolare riduzione ma si deve allineare alle raccomandazioni giornaliere esistenti per la popolazione generale, cioè 0,8 gr proteine/kg peso ideale. Quando invece siamo in presenza di fasi avanzate di nefropatie croniche, un regime dietetico ipoproteico controllato permette sia di ritardare l’ingresso del paziente in dialisi, sia di prevenire e correggere l’insorgenza di numerose alterazioni endocrino-metaboliche quali l’iperazotemia, l’acidosi metabolica, l’anemia, l’anoressia dovute all’incapacità del rene di eliminare efficacemente i composti derivanti dal catabolismo delle proteine. Nonostante la letteratura scientifica abbia ampiamente dimostrato che, in pazienti con insufficienza renale cronica, l’adesione a un corretto regime dietetico contribuisce a migliorare le condizioni clinico-metaboliche generali, nella realtà clinica quotidiana si osserva una discrepanza tra le indicazioni dietetiche fornite dagli operatori sanitari e il reale comportamento dei pazienti, per i quali l’aderenza al trattamento dietetico è del 50-75%. Per questo motivo, il paziente che si approccia per la prima volta a una problematica di malattia renale deve essere guidato durante tutto il suo percorso terapeutico dalla presenza costante di un nutrizionista che lo orienti a una scelta più consapevole dei cibi, a una maggiore conoscenza degli additivi contenenti fosforo (utilizzati come conservanti per gli alimenti), ma anche a un’attenzione alle diverse modalità di cottura che permettano di diminuire la concentrazione di fosforo e potassio negli alimenti.